🔥 LA FUGA DI UNA SOLA INFORMAZIONE HA INCENDIATO ROMA… E NON ERA DESTINATA A USCIRE. 🔥
La frattura tra PD e 5 Stelle non è nata da un errore politico, ma da un dettaglio esploso fuori controllo: un file, una frase, un frammento di verità che doveva restare chiuso nei server riservati… e invece è trapelato.
Prima come un sussurro nelle redazioni notturne, poi come un messaggio inoltrato migliaia di volte, fino a diventare un’onda inarrestabile che ha travolto tutto: riunioni, alleanze, fiducia.
Qualcuno sostiene di aver visto il documento originale — altri giurano che sia stato manipolato.
Ma c’è una cosa che nessuno può negare: l’origine della fuga porta a una stanza precisa, una voce precisa, un potere che da giorni si finge innocente.
E ora quella perdita di controllo sta trasformando l’opposizione in un campo minato.
Perché ciò che è trapelato… non era destinato a sopravvivere al mattino.
Roma, ore 03:00.
Mentre la città dorme sotto una pioggia sottile che lava via lo smog ma non i peccati della politica, i telefoni di due staff non smettono di vibrare.
Non è un allarme aereo.
È peggio.

È la consapevolezza che il vaso di Pandora è stato scoperchiato e dentro non c’era la speranza, ma un veleno distillato goccia a goccia nelle vene del cosiddetto “Campo Largo”.
Tutto parte da un vuoto.
Un vuoto di potere spaventoso, un buco nero che sta inghiottendo ogni logica.
Ancora non hanno deciso.
Non sanno chi sarà il leader.
Si guardano intorno smarriti come attori che hanno perso il copione sul palco più importante d’Italia.
Sarà Elly Schlein, con la sua estetica curata e le pause drammatiche?
Sarà Giuseppe Conte, l’avvocato che non ha mai smesso di indossare la pochette del Presidente?
Sarà Angelo Bonelli, tra una crociata verde e l’altra?
O forse Nicola Fratoianni?
E che dire dei fantasmi del passato e del presente, Matteo Renzi e Carlo Calenda, che aleggiano come avvoltoi pronti a banchettare sui resti?
Non si sa.
Non si sa ancora niente.
Il nulla cosmico.
Fatto sta che una cosa è sicura, una certezza granitica in mezzo alle sabbie mobili: le mosse di Giuseppe Conte e di Elly Schlein dopo il disastro mediatico di Atreju non sono strategia.
Sono panico.
Tutto quel casino, gli inviti accettati a denti stretti, i discorsi preparati e poi stracciati, le rinunce dell’ultimo minuto.
Le cose sembrano andare non male, ma letteralmente a scatafascio. 📉
Sì, perché invece di costruire ponti, stanno scavando trincee.
Alimentano tensioni sempre più crescenti.
Si accusano in modo incrociato, pam, pam, pam, colpi proibiti sotto la cintura mentre davanti alle telecamere sorridono a trentadue denti.
Ambizioni percepite?
Chiaramente.
Ma c’è di più.
C’è il terrore.
Timori di marginalizzazione che stanno agitando tutta l’opposizione come uno sciame sismico prima del grande terremoto.
Loro, quelli che dovrebbero essere “compatti”.
Quelli che si autodefiniscono “il futuro dell’Italia”.
Pensa come siamo messi.
Non riescono a gestire una riunione tra di loro senza che finisca a coltellate metaforiche, figurati gestire 60 milioni di persone.
È un casino.
Ma andiamo nei dettagli, perché è lì che si nasconde il diavolo. 😈
La partecipazione dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ad Atreju ha generato una frattura molto chiara.
Una crepa nel cristallo che ora è diventata palesemente evidente con la Schlein.
Si è aperto un nuovo fronte di guerra nel già complesso, delicatissimo equilibrio del campo largo.
Ma la domanda vera è: perché ci stupiamo?
Non ce lo siamo aspettati?
Davvero credevamo alla favola del “bene comune”?
Questi non è che vogliono il bene dell’Italia e dicono: “Vabbè dai, caro Giuseppe, tu sei già stato Presidente del Consiglio, hai l’esperienza, fallo tu”.
Oppure: “Dai Elly, tu non hai ancora avuto questa opportunità, sei donna, sei giovane, falla tu, l’importante è che lavoriamo assieme per il Paese”.
Macché.
Fantascienza.
Questi litigano per la poltrona. 🪑
Litigano per chi deve tenere lo scettro, per chi deve governare, per chi deve essere il “Dominus” del Campo Largo.
E al Nazareno la tensione si taglia con il coltello.
L’invito accettato dall’ex premier Giuseppe Conte è stato il detonatore.
E beh, dall’altra parte, quella del PD, la mossa dell’ex premier è stata vissuta come un gesto poco gradito.
Eufemismo.
È stata vissuta come un tradimento, quasi una sponda diretta a Giorgia Meloni.
“Vedi Giorgia? Io sono l’interlocutore serio, non lei”.
Mentre invece, spostiamoci nella sede del Movimento 5 Stelle.
Apriti cielo! ⚡
La lettura è opposta, speculare e contraria.
Conte avrebbe percepito la scelta della Schlein di presentarsi quest’anno come un doppio sgarbo.
Sì, si è offeso.
Poverino.
L’orgoglio ferito dell’Avvocato del Popolo.
“Se io sono stato Presidente e questa ultima arrivata mi tratta così…”.
Eh, Giusè, però c’è un problema di numeri.
Lì il PD è al 20%.
E tu?
Eh, vabbè.
Avendo accettato l’invito già quando era Presidente del Consiglio e rinnovandolo anche quest’anno, Conte pensava di avere l’esclusiva.
Mentre invece la segretaria del PD, la “svizzerina” come la chiamano malignamente nei corridoi pentastellati, aveva declinato la partecipazione nella precedente edizione.
Vi ricordate il gran rifiuto?
“Non vado alla festa della destra”.
No.

Anche quest’anno ha fatto la stessa cosa? No, quest’anno è andata.
Anche se un po’ se la sono girata a loro favore, cercando di vendere la narrazione del “vado a sfidarli in casa loro”.
Però, lasciatemelo dire, secondo me il confronto faccia a faccia, vis-à-vis con Giorgia Meloni fuori dal Parlamento non succederà mai.
Mai.
Ma non perché Giorgia Meloni non lo voglia.
La Meloni, diciamocelo, se li mangia a colazione.
Ma comunque, torniamo all’indiscrezione che scotta.
Alla ricostruzione maledetta circolata nelle ultime ore, quella che ha fatto saltare i nervi a mezza Roma.
La decisione di Elly Schlein di presentarsi alla kermesse quest’anno, dopo aver rifiutato l’invito l’anno precedente, sarebbe stata letta dal vertice del Movimento 5 Stelle in un modo inequivocabile.
Come un gesto di affermazione personale.
Praticamente una mossa furbesca per maramaldeggiare in casa altrui.
In casa del Movimento.
“No, si fa vedere, conto più io di te”.
Voleva consolidare così una leadership in cerca di disperato riconoscimento.
Eh già.
Cercalo pure, Elly.
O poi forse no, è solo mera illusione.
Forse è solo un gioco di ombre cinesi.
Anche perché fra un po’ sappiamo benissimo che il PD, e l’abbiamo percepito tutti, sta puntando un po’ più su altro.
Si parla di Silvia Salis (o Ilaria, o il simbolo che rappresenta).
Più su di lei che sulla “biondina carina”.
Perché voi pensate che in questo modo magari risolvano il problema di immagine?
Però vabbè, questo è un altro discorso, un altro file segreto che magari poi riprenderemo in qualche altro video.
Comunque, tra i passaggi più commentati, quelli che hanno fatto davvero male, ci sono le parole.
Le parole sono pietre.
Quelle pronunciate dalla segretaria del PD durante la trasmissione di Corrado Formigli.
Dai, quello su La7.
“Piazzapulita”.
La “setta”.
L’ho detto apposta.
La setta, sì, perché a volte sembrano proprio una setta.
Davanti alla possibilità che Giuseppe Conte partecipasse al dibattito di Atreju, la Schlein aveva risposto con una frase che è rimasta scolpita nell’aria come una lama di ghiaccio:
“Se deve venire Conte, allora porti Salvini”. ❄️
È un po’ offensivo, no?
Cioè, analizziamo la frase.
Allora, se vado io, Elly Schlein, va bene il confronto con i giganti, con Giorgiona.
Ma se viene Giuseppe Conte… beh, il suo livello è un altro.
Portate Matteo Salvini.
Perché il livello è quello.
Il messaggio subliminale è devastante: “Tu non sei un mio pari, tu sei roba da Lega”.
Eh vabbè.
Una frase che, secondo i retroscena più oscuri riportati dalla stampa (ma confermati dai sussurri nei corridoi), avrebbe irritato profondamente il caro Peppuccio.
Eh sì.
L’ha fatto proprio “girare di wallere”, come si suol dire con un francesismo tecnico.
Eh già.
Perché avrebbe percepito – e lo so che l’ha letto, non fate finta di niente, ma io parlo di “percezione” perché altrimenti quelli di sinistra dicono che inventiamo – che quel paragone era un’aggressione politica gratuita.
Cioè, stiamo assieme?
Siamo alleati?
E mi maltratti così in diretta TV?
Cara, non si fa.
No, no, no, no.
Nella lettura delle fonti interne del Movimento 5 Stelle, la segretaria del PD sarebbe entrata in una fase delirante.
Una fase di corsa solitaria verso Palazzo Chigi.
Più concentrata a legittimarsi come “La Candidata” unica che a costruire la regia di una coalizione complessa.
Ma va?
Ma tanto non ci sarà lei nel 2027.
Chi ci sarà?
Ci sarà la Salis?
Conte, da parte sua, verrebbe descritto come tutt’altro che favorevole a questa accelerazione suicida.
Temi, alleanze, perfino il sistema elettorale restano incerti, nebulosi.
Motivo per cui l’idea di definire un candidato premier oggi, a un anno e mezzo o due dal voto, appare quanto meno prematura.
Folle.
Secondo voi chi porteranno alla fine?
Silvia Salis (o chi per lei), tranquilli.
È già scritto in qualche cassetto del Nazareno.
Ma scaviamo ancora più a fondo nel fango.
Secondo alcune ricostruzioni interne al Movimento – e ricordiamo che anche loro sono tutti un po’ incasinati, tra mandati, regole e faide – Conte avrebbe espresso una preoccupazione letale.
La preoccupazione che la leader del PD stia anteponendo la sua personale ambizione al progetto collettivo.
No?
Davvero?
Perché lui non lo fa, vero?
Lui è un angelo della politica.
Conte teme che lei stia alimentando un protagonismo percepito come eccessivo, soffocante.
I segnali, secondo i vertici del Movimento 5 Stelle che osservano ogni mossa col binocolo, sarebbero molteplici.
La ricerca spasmodica di legittimazione mediatica attraverso Atreju.
Il vertice interno di Montepulciano, avvolto nel mistero.
La tendenza ad attribuirsi successi elettorali che in realtà risultano molto più complessi da decifrare.
Un po’ come le frasi che la Schlein ci regala ogni tanto, quelle supercazzole che sembrano uscite da un generatore automatico di retorica.
Già.
E sembra un po’ come “Il Codice da Vinci”, devi interpretare i segni.
Ma c’è un episodio emblematico.
Una scena madre che vale più di mille editoriali.
L’episodio di Napoli. 🌋
Dove la Schlein si è precipitata – letteralmente corsa – ad abbracciare Roberto Fico.
Prima dell’arrivo di Giuseppe Conte.
Capite la gravità?
Non si fa, Elly.
È sgarbo istituzionale, è marcatura del territorio.
Un gesto che avrebbe alimentato ulteriori, pesantissimi malumori tra i grillini.
Vabbè, non sono neanche più grillini.
Hanno tradito anche Grillo.
Sono “Pentastellati”.
Pentastellati sa un po’ di diabolico, il pentagramma… però vabbè, è così.
I Pentastellati sono convinti che quelle vittorie territoriali, quei successi locali, fossero frutto di un lavoro politico sudato del Movimento.
Dall’intesa con Vincenzo De Luca (che li odia, ma vabbè) al sostegno per Antonio Decaro.
Conte, ricordano fonti vicinissime al leader (le stesse che probabilmente hanno fatto trapelare tutto), ha sempre considerato figure come Fico parte integrante del perimetro sacro del Movimento 5 Stelle.
Roba sua.
Più la Schlein appare orientarsi a capitalizzare questi risultati, più si appropria dei “suoi” uomini, più il Presidente Pentastellato si irrigidisce.
Diventa di pietra.
Sì, già temendo una progressiva, inesorabile marginalizzazione del suo ruolo nel campo largo.
Eh, ma no, Giusè.
Non ti preoccupare.
Perché sia l’uno che l’altro, se non state assieme, non andate da nessuna parte.
Siete condannati all’irrilevanza.
Già.
Quindi dovete per forza “attenzionare” lo stare assieme.
Ma il timore vero, quello che non si dice ai microfoni ma si sussurra nei corridoi bui, è stato condensato in una frase.
Una frase terribile, circolata nelle ultime ore come un virus letale.
Conte l’avrebbe pensata, o forse detta, o forse qualcuno l’ha detta per lui:
“Se vengo percepito come un cespuglio da un novello ulivo, siamo morti”. 🌳💀
Boom.
Gliel’ha messa lì.
Eh eh sì.
Da un “novello Ulivo”.
Che è il novello Ulivo?
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Il PD che vuole rifare la storia, mettendo i 5 Stelle a fare da contorno, da cespuglio decorativo.
Bravissimo chi ha coniato la metafora.
Una preoccupazione che lascia intravedere il rischio politico mortale percepito da Conte: diventare un alleato minore.
Un portatore d’acqua.
In una coalizione guidata dal PD dopo anni di identità autonoma e posizioni marcate.
Le tensioni emerse dopo Atreju mostrano un’opposizione non solo divisa, ma lacerata.
Attraversata da ambizioni tossiche, timori paranoici, posizioni divergenti su tutto.
La gestione delle prossime scelte strategiche – tranquilli, dalle candidature ai programmi – sarà un bagno di sangue.
Sarà determinante per capire se il campo largo riuscirà finalmente a trovare una sintesi politica o se la competizione interna continuerà a pesare come un macigno.
Tantissimo.
Sul loro percorso verso il nulla.
Per ora il confronto Giuseppe Conte – Elly Schlein rimane uno dei nodi centrali nel futuro dell’area progressista.
Già.
Eh, e questi sono loro.
Eh sì.
E questi vogliono vincere le elezioni.
Non sanno neanche chi cazzo comanda tra di loro, raga.
Siamo seri?
Io, per ricordarle il loro appoggio al femminismo, la tutela delle donne, tutte quelle belle parole…
Secondo me dovrebbero ritentare il bis.
Invece di candidare Giuseppe Conte, che ormai sa di vecchio, di già visto.
Molti dicono: “Io candiderei la Svizzera”.
La Schlein.
Ma il colpo di scena finale potrebbe essere un altro.
Peccato che sappiamo benissimo tutti, e lo sanno anche i muri del Nazareno, che la candidata vera, quella che sognano di notte, sarà un’altra figura.
Forse proprio quella “Salis” di cui si parla.
Però vabbè, chi se ne frega, eh?
Non hanno ancora capito niente.
Né l’uno né l’altro.
Sono come due pugili suonati che si colpiscono a vicenda mentre l’arbitro è andato a prendersi un caffè.
Ma c’è un dettaglio.
Un ultimo, inquietante dettaglio.
Dentro il PD, nelle stanze dove non entrano le telecamere, dove non arriva Formigli, dove non arriva nemmeno Conte…
L’hanno già deciso.
Il piano è già pronto.
E quando quel piano verrà svelato, quando il nome uscirà davvero e non sarà né quello di Giuseppe né quello di Elly…
Allora sì che vedremo le fiamme alte fino al cielo di Roma.
Ma fino a quel momento, restate in ascolto.
Perché il rumore che sentite non è la pioggia.
È il suono di un’alleanza che si spezza.
Crack.
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